mercoledì 15 maggio 2013

C O L O N I A L I S M O


 Mimesis, 16 Euro, 216 pp 
Traduzione di Gianfranca Scutari
con la collaborazione di:
Alice Sabatini. Angelo Gandolfi. Caterina Fabbri. Clara Zanon. Diana Giossi. Federica Daga. Federico Dellavalle. Flavia Donati. Gabriella Grasso. Gino Lorusso. Ilenia Madau. Isabella Tosi. Monica Baracchini. Nanni Negro. Piergiorgio Rosetti. Pietro Beretta. Teresa Pelliccia. Valentina Cavanna. Valentina Spada.


 Per comprare il libro 

http://www.lafeltrinelli.it/products/9788857512907/Apartheid_in_Palestina_




 Le raccomandazioni di Human Rights Watch 
 

- Al governo di Israele
Israele deve cessare di sostenere e finanziare coloni, insediamenti e consigli regionali in Cisgiordania e a Gerusalemme Est; deve inoltre smantellare gli insediamenti e garantire il benessere della popolazione palestinese.

- Al governo degli Stati Uniti
Eviti politiche di sostegno a quegli aspetti delle politiche coloniali israeliane che sono intrinsecamente discriminatori o che in altro modo violino il diritto internazionale

- Alla comunità internazionale, agli Stati Uniti e all'Unione Europea
I prodotti delle colonie israeliane non godano di trattamenti preferenziali, anche richiedendo e applicando una chiara etichettatura d'origine.

- Al Comitato delle Nazioni Unite sull'eliminazione della discriminazione razziale.
Tenga sotto osservazione e dia l'allerta precoce riguardo all'impatto discriminatorio delle politiche e delle pratiche israeliane.

- Alle imprese che traggono profitti dagli insediamenti
Nei casi in cui l’attività aziendale contribuisca direttamente a violazioni gravi del diritto internazionale, tra cui il divieto di discriminazione, adottino misure per porre fine al proprio coinvolgimento nella violazione delle leggi, cessando totalmente, se necessario, tali operazioni.
 



 Indice 

I. Sintesi
Antefatti
Permessi di Costruzione, Zonizzazione e Demolizioni
Libertà di Movimento
Acqua
Terra
II. Raccomandazioni
Per il Governo di Israele
Per il Governo degli Stati Uniti
Alla Comunità Internazionale, Compresi Stati Uniti e Unione Europea
Per il Comitato delle Nazioni Unite sull'Eliminazione della Discriminazione Razziale
Per le Aziende che Traggono Profitti dagli Insediamenti
III. Metodologia
IV. Antefatti
Leggi Israeliane e Discriminazione
Terra
Restrizioni Discriminatorie, Pianificazione e lo Evacuazione Forzata nell'Area C
Attuazioni Discriminatorie
Gerusalemme Est
Incentivi ai Coloni e Fonti di Finanziamento
Partecipazione delle Imprese negli Insediamenti
V. Nord della Valle del Giordano
VI. Distretto di Betlemme
Jubbet al-Dhib
Nahalin
VII. Distretto di Nablus
Yanun e Itamar
VIII. Distretto di Ramallah
Al-Janiya e Talmon
IX. Beduini di Jahalin e Ma'ale Adumim
X. Gerusalemme Est
Antefatti: Panoramica della Pianificazione israeliana e Politiche edificatorie a
Gerusalemme Est
Al-Bustan e la Città di Davide
Discriminazione a Silwan
Coda: Molestie in Aumento
Discriminazione e Trasferimento Forzato nel Diritto Internazionale
Trasferimento Forzato
XI. Diritto all'alloggio, ad una casa adeguata e alla Proprietà
Appendice: Lettere di Human Rights Watch alle Autorità Israeliane e le Loro Risposte
Ringraziamenti



 Un esempio... 

Jubbet al-Dhib è un villaggio palestinese di 160 persone a sud-est di Betlemme a cui spesso è possibile accedere solo apiedi, perché il suo unico legame con la strada asfaltata è un grezzo sentiero sterrato lungo 1,5 km. I bambini, da Jubbet al-Dhib, devono raggiungere a piedi la scuola in altri villaggi a diversi chilometri di distanza perché il loro villaggio non ha una scuola. Jubbet al-Dhib è privo di energia elettrica nonostante le numerose richieste di allacciamento alla rete elettrica israeliana, che le autorità israeliane hanno respinto. Le autorità israeliane hanno anche respinto un progetto, finanziato da donatori internazionali, che avrebbe fornito al villaggio lampioni a energia solare. Qualsiasi tipo di carne o latte nel villaggio deve essere consumato il giorno
stesso per mancanza di refrigerazione; i residenti sono spesso costretti a ricorrere ad alimenti conservati. Gli abitanti del villaggio utilizzano per l'illuminazione candele, lanterne a kerosene e, quando possono permettersi il carburante, un piccolo gruppo elettrogeno.
A circa 350 metri di distanza si trova la comunità ebraica di Sde Bar. La sua popolazione di circa 50 abitanti dispone di una strada di accesso asfaltata ed è collegata a Gerusalemme da una nuova autostrada, la «Lieberman Road», costata diversi milioni di dollari, che non tocca i centri, le città, e i villaggi palestinesi come Jubbet al-Dhib. A Sde Bar c'è una scuola superiore, ma gli studenti di Jubbet
al-Dhib non vi sono ammessi. Per i palestinesi, gli insediamenti sono aree militari chiuse dove è possibile accedere solo con speciali permessi militari. Gli abitanti di Sde Bar usufruiscono di tutti i servizi che si trovano in qualsiasi altra città israeliana, ad esempio la refrigerazione e la luce elettrica, che di notte gli abitanti del villaggio di Jubbet al-Dhib possono vedere dalle loro case.
Sia Jubbet al-Dhib che Sde Bar ricadono all'interno dell’«Area C», cioè il territorio che, in base agli accordi provvisori di pace di Oslo del 1995, sono sottoposti al controllo civile e militare israeliano. Ma mentre Israele concede ai residenti di Sde Bar l'accesso a strade, elettricità e fondi per lo sviluppo residenziale, priva i residenti di Jubbet al-Dhib di questi stessi servizi. Da quando Sde Bar è stata fondata, nel 1997, Israele ha investito milioni di dollari nei vicini insediamenti ebraici come Tekoa e Nokdim per costruire case, scuole, centri di aggregazione, ospedali e piscine. Lo stesso non vale per Jubbet al-Dhib, la cui fondazione risale al 1929. Qui sviluppo e infrastrutture sono a un punto morto, rigorosamente bloccati dalle autorità israeliane che vietano agli abitanti di costruire nuove case o di ampliare quelle che già hanno.



 Dalla quarta di copertina 

Gli insediamenti israeliani nella Cisgiordania occupata e a Gerusalemme Est sono ampiamente considerati illegali ai sensi del diritto umanitario internazionale, che proibisce alla potenza occupante di trasferire la propria popolazione civile sui territori che occupa. Questo rapporto si incentra sugli aspetti meno esaminati di quelle leggi e politiche israeliane in Cisgiordania che discriminano la popolazione palestinese a vantaggio dei coloni.

In base a una casistica che mette a confronto le colonie israeliane con le contigue comunità palestinesi in sei zone della Cisgiordania, il rapporto mostra come Israele applichi un sistema a doppio binario alle due popolazioni che vivono nelle aree sotto suo esclusivo controllo, l'«Area C» e Gerusalemme Est: mentre fornisc
e servizi privilegiati, sviluppo e benefici ai coloni ebrei, impone rigide condizioni ai palestinesi. Il rapporto mette in evidenza le pratiche israeliane che sembrano avere come unico scopo comprensibile la promozione della vita nelle colonie, mentre soffocano la crescita delle comunità palestinesi e arrivano a trasferirne forzosamente gli abitanti.

Le politiche Israeliane controllano molti aspetti della vita quotidiana dei palestinesi che vivono in Area C e a Gerusalemme Est. Tali politiche spesso non hanno giustificazioni di sicurezza plausibili per i danni che causano: negano l'accesso alle reti elettriche, idriche e stradali, respingono le richieste di permessi edilizi per case, scuole, ambulatori e infrastrutture, demoliscono case e perfino intere comunità.

Gli enormi incentivi finanziari del governo, promuovono gli insediamenti ebraici e ne incoraggiano l'espansione nell'«Area C» in Cisgiordania e a Gerusalemme Est, utilizzando terre e altre risorse vietate ai Palestinesi. Le politiche discriminatorie d'Israele hanno portato allo sgombero forzoso di palestinesi da quelle stesse aree poi usurpate dagli insediamenti.

Un trattamento così diverso a causa della razza e dell'origine etnica e nazionale, non elaborato specificamente per rispondere ad autentici obiettivi di sicurezza o ad altri obiettivi legittimi, non è giustificabile e pertanto viola il divieto fondamentale di discriminazione del diritto dei diritti umani.
 



 Che cos'è Human Rights Watch ? 



Human Rights Watch
Human Rights Watch è un'organizzazione non governativa internazionale che si occupa della difesa dei diritti umani. La sua sede principale è a New York. Produce ricerche e studi sulle violazioni delle norme internazionali sui diritti umani come sono state definite dalla Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo e da altre norme sui diritti umani accettate a livello internazionale. Lo scopo di questa organizzazione è porre all'attenzione della comunità internazionale gli abusi che avvengono, al fine di imporre ai governi imputati di essi un cambiamento dei comportamenti e delle leggi. Le ricerche sono mirate alla scoperta di situazioni che possano generare preoccupazione e attenzione nelle comunità locali e internazionali, anche avvalendosi del supporto mediatico per poter meglio denunciare le varie forme di ingiustizia. I problemi che HRW solleva spaziano dai vari tipi di discriminazione (religiosa, razziale, politica) all'utilizzo della tortura, passando per il fenomeno dei bambini-soldato, per la corruzione politica e per gli abusi che avvengono nelle procedure di giustizia penale. Human Rights Watch documenta e riporta anche le violazioni delle leggi di guerra e delle leggi umanitarie internazionali nelle situazioni belliche.


 Il rapporto in inglese 





 
Il rapporto di Human Rights Watch sui territori arabi occupati da Israele
Palazzo ducale - Genova
http://www.palazzoducale.genova.it/naviga.asp?pagina=95459 

Le foto dell'incontro:
http://journeytopalestineandmo.blogspot.it/2013/02/evento-apartheid-in-palestina.html

Il rapporto di Human Rights Watch sui territori arabi occupati da Israele
Centro Cabral - Bologna
http://www.centrocabral.com/738/Rapporto_di_Human_Rights_Watch_sui_territori_occupati_in_Palestina#.UT3FuO6OMF4.facebook



E' vero che in Palestina c'è apartheid?
LibriSenzaData - Milano
https://www.facebook.com/events/389448207819202/?ref=22

 

Il rapporto di Human Rights Watch sui territori arabi occupati da Israele
Libreria Popolare - Milano
https://www.facebook.com/events/297581163701103/?ref=22


Registrazioni:
(parte1)
http://www.youtube.com/watch?v=P_h-letrUFc
(parte2)
http://www.youtube.com/watch?v=38URUa9vYik
(parte3)
http://www.youtube.com/watch?v=QdTPMD7-6_o
(parte4)
http://www.youtube.com/watch?v=nyifsWrIE7I
(parte5)
http://www.youtube.com/watch?v=u_wkfI_Niwo

 
   LINK  

So che entrambi desideriamo la pace in Medioriente, ma prima che tu continui a parlare di condizioni necessarie da una prospettiva israeliana, devi sapere quello che io penso...

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 Tribunale Russell: Israele e l’apartheid del popolo palestinese 
http://www.agoravox.it/Israele-e-l-apartheid-del-popolo.html
Nel disinteresse generale, il Tribunale Russell per la Palestina ha emanato il suo giudizio: in Israele e nei Territori occupati vige un sistema di apartheid di cui sono vittima (...)

 

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 NY, campagna pubblicitaria pro-Palestina paragona Israele al Sud Africa durante l'aparthed 

http://america24.com/news/ny-campagna-pubblicitaria-pro-palestina-paragona-israele-al-sud-africa-durante-l-apartheid 
 
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  Apartheid: Sudafrica e Palestina paragonate in un film 



 
 
 
Sito del film 
http://roadmaptoapartheid.org/

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  Scontro Onu-Israele su insediamenti nei Territor
"Stop a tutte le attivita' e ritiri i coloni". 

La risposta: "Così si minano gli sforzi per la pace" 
http://www.ansa.it/web/notizie/rubriche/mondo/2013/01/31/Onu-Israele-fermi-insediamenti-senza-condizioni_8166929.html
 

 RECENSIONI  

Le Mond Diplomatique - Il Manifesto, dicembre 2012
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Francesca Bolino - La Repubblica, dicembre 2012
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Stefania Ragusa - Corriereimmigrazione.it,  novembre 2012
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 NOTA BENE!... 

La superficie del Sudafrica (1.219.090 km²) è 4 volte quella dell'Italia (301 340 km²)

 


= 4 X
 
La Palestina (26.625,6 km²) è grande più o meno come la Lombardia (23 860,62 km²)

Non parlate di apartheid! 
E' colonialismo! (dei più feroci)